Saga familiare che narra di tre generazioni di donne nel dopoguerra
giapponese, "Red girls" mescola elementi di realismo magico e di giallo,
la storia di una famiglia e quella di un paese provato e in profonda
trasformazione. Nel piccolo villaggio di Benimidori, Man'yò è un'orfana
nata con il dono della chiaroveggenza, che dovrà proteggere come un
terribile segreto. La sua vicenda si intreccia con quella della ricca e
potente famiglia Akakuchiba, proprietaria di un'importante fonderia
sulle montagne, e del suo complicato erede. La figlia di Man'yó, Kemari,
è estremamente creativa, disegna manga e trascorre la sua giovinezza
ribelle insieme a una banda di motocicliste per cercare la sua strada
nel mondo. E "Rico, la figlia di Kemari, a narrarci questa storia: una
autoproclamatasi "inutile" giovane donna, che non sembra avere ereditato
le facoltà della nonna o il talento della madre, ma che si impegna a
ricostruire le avventure, le disgrazie e gli amori della sua famiglia e a
risolvere il mistero delle ultime parole pronunciate da Man'yó in punto
di morte: «Sono un'assassina». Il destino complicato di queste donne si
unisce e forse riflette in un cinquantennio di drastici cambiamenti
quello del loro paese, il Giappone.
Una saga familiare ambientata nel Giappone del secondo dopoguerra, la storia di tre generazioni femminili raccontata attraverso gli occhi della più giovane. Queste sono le premesse di Red girls di Kazuki Sakuraba, un romanzo che mi ha lasciato emozioni contrastanti, ma soprattutto un senso di delusione.
La storia inizia nel dopoguerra, precisamente nel 1953, quando il Giappone sta attraverso una fase di ripresa economica "grazie" al contributo americano. Le vicende sono ambientate a Benimidori, un piccolo villaggio della prefettura di Tottori dove leggenda e realtà si fondono.
La prima delle tre protagoniste è Man'yo, figlia della montagna e chiaroveggente, poi abbiamo sua figlia Akakuchiba Kemari e sua nipote Akakuchiba Toko. Ognuna di loro rappresenta una generazione diverse, ognuna di loro ha sulle spalle diverse responsabilità e un modo diverso di concepire la realtà in continuo mutamento.
Attraverso le storie delle tre generazioni di questa famiglia ci viene anche raccontata la storia politico-economica del Giappone, le sue evoluzioni culturali e il pensiero comune di ognuno dei periodi affrontati.
Le premesse erano davvero promettenti, se non fosse che una volta iniziato il libro, sin dalla prima pagina, mi è sembrato di star leggendo la brutta copia di "La casa degli spiriti" di Isabel Allende. L'atmosfera che si è andata a creare, il modo in cui il personaggio di Man'yo viene descritto, tutto ha contribuito ad aumentare l'impressione che l'autrice si fosse molto più che ispirata al capolavoro sud americano, senza però donare alla sua opera la stessa grandezza del libro dell'Allende. Sicuramente ad influire su questa impressione è stato il fatto che avessi sentito sin dall'inizio che questo romanzo era stato costruito a tavolino, come poi l'autrice ha dichiarato nella post fazione al romanzo. Il fatto che avesse deciso deliberatamente di ispirarsi alla Allende e ad una serie di altri autori molto famosi, oltre al fatto che le fosse stato imposto di parlare di tre generazioni femminili, secondo me ha limitato molto questa storia, alla quale sembra mancare completamente ogni tipo di sentimento.
Nonostante questo, è un romanzo che mi è piaciuto, soprattutto per il suo modo di parlare del Giappone di quegli anni. Il modo in cui vengono descritti i processi evolutivi, i cambiamenti culturali ed economici e le diverse mentalità che, nel corso di pochi decenni, si sono succedute, è strabiliante. Vi sono numerose ripetizioni e a tratti il romanzo appare molto lento, ma nel complesso è una lettura davvero piacevole, soprattutto se si vuole sapere qualcosa in più del Giappone dagli anni '50 sino ai nostri giorni.
Per quanto riguarda i personaggi, ve ne sono tantissimi e molto diversi tra loro. Sono spesso personaggi fuori dal comune, strambi e alquanto illogici, ma sono personaggi che riescono ad entrare nel cuore del lettore per la loro diversità, per il loro modo di approcciarsi alla vita e per come si rapportano gli uni con gli altri. La grande varietà di personaggi presenti all'interno di questo romanzo è uno dei pochi punti positivi del romanzo della Sakuraba, la quale è riuscita a caratterizzare ognuno di essi in maniera impeccabile, nei minimi dettagli, dando ad ognuno delle caratteristiche peculiari e inimitabili.
Insomma, Red girls è un romanzo che per gli amanti della Allende e,in generale, del realismo magico potrebbe risultare scialbo e pretenzioso, solo una brutta copia delle magnifiche opere sud americane, ma per coloro che vogliono approcciarsi ad un tipo di storia completamente diversa dalle solite narrazioni giapponesi alle quali siamo abituati, potrebbe essere una lettura interessante e coinvolgente. Ve lo consiglio? Ni, nel senso che potrebbe piacervi o non piacervi in base al vostro rapporto non solo con la letteratura giapponese, ma anche con la letteratura sud americana in generale. Se riuscite a non farvi influenzare dal vostro amore per La casa degli spiriti o per i romanzi dai quali la Sakuraba ha preso ispirazione, potreste apprezzare questo romanzo.
Cosa ne pensate? Lo avete letto o avete intenzione di farlo?
Al prossimo post,
Nali <3
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